Las Santa

Ogni 11 di ottobre mi torna alla mente l'11 di ottobre del 1663.
A quel tempo vivevo a Biggleswade, nella contea del Bedfordshire, mi guadagnavo da vivere consegnando i giornali del mattino con la bicicletta.
Nonostante avessi solo 85 anni, questo lavoro mi stava sviluppando precocemente la muscolatura delle gambe, gambe che usavo per pedalare di casa in casa, del braccio destro, braccio che usavo per lanciare i giornali di casa in casa, ma non solo, avevo acquisito anche una certa agilità, un certo equilibrio e una certa precisione, ero nel pieno della forma insomma.
Per questo motivo, quando su un volantino incollato ad un palo del telegrafo inutilizzato, perchè il telegrafo ancora non era stato inventato, lessi della ricompensa di 1.000 ghinee per chi fosse riuscito a battere Las Santa, misteriosa campionessa di lucha libre quella sera alla palestrina comunale di Biggleswade, pensai di avere già il denaro in tasca.
Ovviamente mi sbagliavo, ma andiamo con ordine.
Al calare del sole mi infilai nella tuta felpata grigia melange modello Rocky, anche se Sylvester Stallone non era ancora stato inventato, calzai le ginniche con la suola bucata e i lacci di spago e andai alla palestrina comunale.
La palestrina comunale era già stracolma, praticamente tutta la popolazione maschile di Biggleswade quella sera si era riversata lì, grida, cori da stadio, anche se il Manchester United ancora non era stato inventato, una vera bolgia.
Mi sedetti il più vicino possibile al ring e dopo una quindicina di minuti, annunciata da trombe gracchianti, fece il suo ingresso Las Santa.
Aveva un passamontagna di lana rosso fuoco con alcuni strass applicati e due pon pon, un costume intero da piscina, anche se il nuoto non era ancora stato inventato, anch'esso rosso fuoco, una tovaglia a quadretti rossi e bianchi da osteria per mantello e ai piedi stivali navajo, anche se il genere Western non era ancora stato inventato. Dal passamontagna sbucavano ciocche di capelli rossi mossi, non dava l'idea di essere messicana, ma era pur vero che io in messico non c'ero stato mai. Incuteva timore e allo stesso tempo esercitava forte attrazione. 
Appena salita sul ring Las Santa rivolse una sfilza di gesti poco femminili al pubblico, che fischiò sonoramente e la bolgia si fece ancora più assordante, poi sempre a gesti, prese a invitare persone a caso a farsi avanti per combattere.
Nonostante le 1.000 ghinee in palio nessuno si propose, avevano tutti una fifa boia e preferivano fischiarla restando seduti e a distanza, senza contare che uscire eventualmente sconfitti da una zuffa contro una donna avrebbe voluto dire diventare lo zimbello di Biggleswade.
A me però non importava nulla e volevo quelle 1.000 ghinee per comprarmi una bici più professionale, anche se la professionalità non era ancora stata inventata.
Mi feci largo tra la folla di codardi, salii sul ring e puntando l'indice della mano destra verso Las Santa, dissi:
"Io ti sfid..."
Mi arrivò un sinistro diritto sul naso, che si ruppe. Mi ritrovai al tappeto.
Las Santa si chinò, per finirmi pensai al momento, tanto è vero che per difendermi le diedi un pizzicotto più forte che potevo su un'avambracio, invece mi stampò un bacio in bocca.
Fu bello, lei sapeva di chili, io di sangue. Svenni.
Il mattino seguente, prima di iniziare la consegna dei giornali, mi fermai come sempre al panificio Cuadretti, Cuadretti con la C, per comprarmi la merenda. Appena entrai col mio naso bello gonfio, venni subito deriso e canzonato dagli altri clienti, la voce si era già sparsa evidentemente.
Mi avvicinai al banco dove, purtroppo, venne a servirmi Connie Cuadretti, la figlia più odiosa della famiglia Cuadretti.
"Che vuoi?" Mi chiese sgarbata.
"Una pagnottina all'essenza di frangipane, grazie." Risposi.
"Che gusti da femminuccia." Disse schifata mentre incartava la pagnottina.
Poi, con la mano sinistra si ravvivò i capelli rossi mossi e con la destra mi diede l'involto.
Notai che sull'avambraccio aveva un livido violaceo.
Un livido violaceo.

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